Creatività è una parola spesso abusata. Come si fa ad essere creativi? Come si fa a inventarsi qualcosa di nuovo in un mondo che sembra aver già provato tutto?
In fotografia, in particolare. Difficilissimo.
Come faccio a essere creativo in una situazione (quando fotografo) in cui io nemmeno "creo" in senso vero e proprio, ma di norma fornisco al pubblico una rappresentazione fotografica di qualcosa che è (esiste in quanto tale) indipendentemente da me e dal fatto che io scatti la fotografia o meno?
Per fortuna, ci viene in aiuto uno dei più grandi pensatori del secolo scorso, il matematico Henri Poincaré, che nel 1923 definì così la creatività:
- creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove che siano utili -
In pratica creare nuove relazioni tra elementi esistenti, che ci permettano di dare nuovi significati alla realtà, possibilmente utili/interessanti.
BUM!
Sembra scritto apposta per un fotografo, no? Prendo la realtà, o meglio, dei pezzetti di realtà, e li ricombino come fossero dei mattoncini di un lego per costruire una vista nuova, fresca, originale.
Più facile a dirsi che a farsi... però...
Però, abbiamo a disposizione molti mezzi utili all'impresa.
L'uso del mezzo fotografico ci permette di obbligare il pubblico a cambiare il suo punto di vista sulla realtà che gli facciamo osservare.
Possiamo indurre il pubblico a guardare da una certa direzione, decidendo l'angolo di ripresa.
Possiamo decontestualizzare i soggetti dal loro intorno, definendo cosa includere o meno nell'inquadratura e nel piano di fuoco.
Possiamo congelare o dilatare il movimento, giocando con il tempo di scatto.
Tutte soluzioni che adottiamo (consapevolmente o meno) ogni volta che facciamo una fotografia.
Troppo spesso però, dimentichiamo la possibilità forse più grande che abbiamo nelle nostre mani (o nelle nostre macchine, se preferisci): con la fotografia infatti abbiamo la possibilità di distorcere la percezione che l'osservatore ha del rapporto tra i soggetti della scena fotografata.
Potresti chiamarle illusioni ottiche, anche se non mi sembra che la definizione si attagli a questo contesto.
Hai presente la foto dei turisti che "sorreggono" la torre di Pisa?
Ecco, questo è l'esempio forse più becero che si può fare, ma rende l'idea (spero).
Ora, l'applicazione di questo stesso principio ti apre una gamma di possibilità praticamente infinite dal punto di vista espressivo.
E in particolare, c'è uno strumento tecnico che - tra tutti - è forse il più potente da questo punto di vista: il grandangolo.
Questo tipo di ottica viene spesso associato alla fotografia di paesaggio, all'idea di riuscire a trasmettere il senso dei grandi spazi, e alla necessità di includere nell'inquadratura stralci estesi della realtà che ci circonda.
In realtà però, l'ampiezza dell'angolo di visuale del grandangolo (come dice il nome stesso), molto più grande di quella dell'occhio umano, offre eccezionali spunti sul fronte creativo. Infatti, ci permette di presentare i soggetti (e soprattutto i rapporti tra i soggetti) secondo una prospettiva inusuale per il nostro occhio.
Certo, questo vale per tutte le focali diverse da quella normale, ma vale in particolare per il grandangolo, perché il suo modo di presentarci la prospettiva dei soggetti vicini al punto di ripresa è assolutamente irreplicabile da parte dell'occhio umano.
Pensaci. Mentre quando guardi la prospettiva di un tele è come se osservassi un (più o meno) piccolo riquadrino all'interno del tuo normale campo visivo, l'inquadratura del grandangolo è inedita, semplicemente perché essendo più larga "non ci sta" nel campo visivo offerto dall'occhio umano.
Quindi, se ti avvicini abbastanza da fare in modo che il soggetto occupi una parte significativa della scena, avrai modo di mostrarlo da una prospettiva che semplicemente non è accessibile all'occhio nudo..
In altre parole, possiamo dire che l'inquadratura del grandangolo non esiste nella nostra esperienza visiva naturale.
Ne consegue che, sfruttando questa ottica, possiamo plasmare una realtà "distorta" che, pur mantenendo un rapporto diretto con la realtà a cui siamo abituati, la modifica in modo evidente.
Questo ci permette di comunicare immediatamente al pubblico che con quello scatto vogliamo trasmettere la "nostra" visione del mondo, non una rappresentazione neutra e neutrale della realtà.
E lo facciamo attraverso un'immagine che non è più "reale", ma si trasforma diventando "surreale".
Bill Brandt è stato un grande maestro dell'uso del grandangolo a scopo creativo.
Avvicinandosi molto ai soggetti, e spesso mostrandone solo alcune parti, Brandt è stato capace di fondere nei suoi scatti corpo umano e paesaggio in un unicum estetico e metafisico senza precedenti.
Fatti ispirare!
Le sue foto sono un ottimo punto di partenza per cominciare a esplorare questo universo di possibilità.C'è tutto un mondo ad attenderti. Ma...
Un ultima nota prima di lasciarti.
Bill Brandt, come tutti gli artisti che hanno seguito il filone surrealista, è stato un grande sperimentatore. Come lui, se vuoi scoprire qualcosa di nuovo (anche solo per te stesso), devi essere disposto a metterti in gioco, e provare.
Provare, mantenendo la mente abbastanza aperta e lucida da saper riconoscere quando una certa situazione ha delle potenzialità che vanno sfruttate.
Brandt "ha scoperto" il grandangolo. Non è che prima sapesse esattamente dove sarebbe arrivato. Ha cominciato a usarlo, ha capito che il tipo di prospettive che ne uscivano lo intrigavano, e ci ha lavorato su.
Potremmo dire che, in qualche modo, non sei tu a dover essere creativo partorendo un'idea, ma sarà l'idea stessa che al momento buono si impadronirà di te.
Quando succederà però, tu devi essere lì pronto a farti catturare.
In conclusione, ecco il mio consiglio:
Smetti di usare il grandangolo solo per i paesaggi e provalo come strumento creativo.
Prova e sperimenta più che puoi (non solo con il grandangolo), tenendo le antenne dritte per captare quando capiterà qualcosa di interessante.
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