FOTO STRAORDINARIE
E’ giusto chiedere ai fotografi amatori o professionisti: "metti te stesso nei tuoi scatti"?
Per noi è uno dei pilastri su cui si basa la nostra idea di fotografia.
Tuttavia, mi rendo conto anche io della fragilità dell'argomento presentato in questo modo; per quanto, al tempo stesso, sia convinto della sua assoluta veridicità.
Così mi sono trovato sospeso, a pensare a come fornire una evidenza più concreta e immediata dello stesso principio.
Poi mi è venuta un'idea. L'ispirazione mi è arrivata rileggendo il saggio "La fotografia - Una storia culturale e visuale" di Graham Clarke.
Il saggio di Clarke tratta della storia della fotografia con un taglio unico. Ogni autore e genere viene attentamente contestualizzato dall'autore nel suo milieu storico e culturale. Ma soprattutto, le riflessioni di Clarke sono sostanziate attraverso un'analisi approfondita e raffinata di moltissimi scatti importanti, che hanno lasciato il segno.
E il motivo per cui hanno lasciato il segno è proprio perché "dicono" qualcosa (del fotografo e del suo mondo).
E tratta di una foto. Questa. E' una foto apparentemente semplice, quasi banale, ma famosa; si tratta di "Gemelle identiche", di Diane Arbus.
A uno sguardo superficiale, questa foto potrebbe sembrare didascalica e documentaristica. Le gemelle identiche. Ecco qui due gemelle identiche. Punto.
Invece, basta conoscere qualcosa in più della Arbus, e avere un occhio appena più attento, per cominciare ad andare oltre. E scoprire una ricchezza di significati che ha dello sbalorditivo. Ancora di più se consideri il minimalismo di questa immagine.
Diane Arbus era affascinata da quello che "non va": queste due gemelle erano perfettamente normali, una vita tranquilla, un'infanzia felice. E dunque?
Se dovessi dire la tua così, di istinto, senza riflettere o pensare: ti sembra che l'immagine sia coerente con l'idea di due sorelle "normali", con una vita tranquilla e un'infanzia felice?
Io credo di no.
Dunque Arbus ci sfida a guardare oltre la cortina dell'apparenza. E l'imbeccata ci viene da alcuni dettagli:
La fotografia fuori contesto (il fondo neutro ma chiuso, un muro), che ci trasmette come un senso di disorientamento e di oppressione
Il selciato leggermente inclinato e i piedi tagliati, una foto presa di sbieco. Storta, nel senso che il punto di vista di chi guarda è sghembo
Il tono scurissimo (quasi nero) del vestito delle bimbe (in realtà era verde, non così scuro), che rende cupa e un po' inquietante l'atmosfera
Se ci lasciamo guidare da questi indizi, allora possiamo cominciare a intuire il senso. C'è qualcosa che non va. Ciò che sembra non è. "Gemelle identiche" è il titolo della foto.
Ma guardale attentamente.
Sono tutto meno che identiche. Come segnala l'occhio attento di Clarke:
Una è serena, l'altra triste
I loro nasi sono diversi
Le braccia di una sono più lunghe di quelle dell'altra
Le pieghe del vestito sono diverse
La forma del colletto è diversa
Persino le pieghe delle calze sono diverse
E così via.
Quello che emerge è che, al contrario di quello che sembra suggerire il titolo, il cuore di questa immagine non sono le somiglianze, ma le differenze. Le storture.
E' questo che rende la fotografia così interessante.
I più smaliziati possono vederci un ulteriore livello di lettura. Una metafora del rapporto tra fotografia e realtà. In questa metafora, l'apparenza fallace è che la fotografia sia una oggettiva e fedele riproduzione (identica) della realtà, mentre la realtà è che si tratta di una rappresentazione soggettiva (diversa) di quello che il fotografo vede nella realtà stessa.
Altri ci vedono la dualità e l'ambiguità che sta in ognuno di noi. Il lato oscuro...
In tutto questo, la cosa eccezionale è che:
anche se non avevi mai fatto questo tipo di considerazioni tecniche
anche se sei completamente digiuno di cultura fotografica
sono certo che guardando "Gemelle identiche" hai percepito il disagio che trasmette. Hai sentito anche tu quel qualcosa che non va che interessava tanto a Diane Arbus.
La foto trasmette inquietudine, non c'è dubbio. E non è un caso.
La Arbus ha consapevolmente deciso di trasmettere quel disagio e di codificarlo in quello scatto, attraverso il ritratto di due inconsapevoli gemelle che dovrebbero essere identiche e invece appaiono "diverse".
Questo è stato il suo mettere se stessa nella fotografia.
Certo, Diane Arbus era un genio fotografico, e sarebbe ingenuo pretendere da chiunque lo stesso livello di sensibilità e di ideazione creativa. Ma il senso generale vale per tutti.
Mettere te stesso nelle foto che scatti significa andare oltre quello che sembrerebbe ovvio.
Cercare quello che per te stride, quello che non torna, quello che non è come sembrerebbe scontato che fosse.
A quel punto, devi "solo" renderlo evidente anche agli altri. A chi guarda le tue foto.
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